mercoledì 26 agosto 2009

Vedi alla voce:spontaneità

Qualche mese fa ero seduta sui banchi dell’aula 9 della facoltà di Psicologia di Firenze ad ascoltare una lezione sulla comunicazione paradossale.
Ricordo che ci fu una risata generale quando la professoressa, per mostrarci alcuni esempi di tale tipo di comunicazione, proiettò una diapositiva con su scritto:

SII SPONTANEO!

Beh…la risata ci stava. E ci stavano ancor di più i commentini tra noi colleghi.
Ma questa è un’altra storia.
Potrei elencare un’infinita serie di sinonimi quali: naturalezza, semplicità, schiettezza, franchezza, apertura, disinvoltura, scioltezza, autenticità.
Il risultato non cambia.
Credo che oggi la spontaneità sia un valore (sì, mi piace chiamarlo valore) in estinzione.
Ho come l’impressione che più si tenda verso l’evoluzione… più ci si ritrovi nell’involuzione.
L’uomo crea, l’uomo inventa, l’uomo opera trasformazioni impossibili, l’uomo formula leggi e applica sentenze, l’uomo diagnostica, l’uomo si riempie la giornata di infiniti impegni, l’uomo non è più solo uno ma centomila: sei laureato, di più; hai il dottorato di ricerca, di più; hai fatto questo master, di più; hai ottenuto questa specializzazione, di più; fai questo nella vita, non solo; fai quest’altro, ancora.
Ancora. Ancora. Ancora.
Le prime pagine dei libri di storia, ci mostrano un uomo al buio di una caverna con due pietre in mano.
Le ultime pagine, ci regalano fenomenali invenzioni capaci di superare l’impossibile.
Tra i due estremi, ci siamo noi, nella nostra quotidianità.
Ci sono le nostre piccole invenzioni, i nostri successi, i nostri traguardi, le scelte che ci fanno “grandi”.
Quando Dio creò l’uomo, lo chiamò Adamo. Fatto di terra.
Non aveva bisogno di niente, neanche di coprirsi, perché tutto era gratuito…tutto spontaneo. Come la terra.
Oggi l’uomo è diventato grande…e sembra non aver bisogno di niente.
Ma è tutto diverso.
Perché tutto non è spontaneo.
Perché ci affanniamo ad essere grandi e a raggiungere traguardi dopo traguardi…e poi ci perdiamo nelle piccole cose, non sappiamo cosa fare, non riusciamo a capirci e a capire l’altro, cerchiamo sempre di trovare le parole giuste per essere nel giusto, le parole perfette per ogni occasione, costruite a puntino per ogni persona.

“Ha detto così…vediamo un po’…cosa dico ora? Non posso dirgli così, se poi pensa colà? No aspetta, ma l’altra volta mi ha detto che…quindi è meglio dire così…però un attimo…aspetta…vediamo un po’ se gli dico questo…magari pensa quell’altro…ma ti ricordi quando disse che…dunque potrebbe darsi che se gli dico questo…già…allora sì ho deciso…gli dico QUESTO!”

“Guarda c’è Tizia! No, cambiamo strada, non so che dirle, se poi mi dice dell’altra volta, aspetta, vediamo cosa le posso dire, ci penso un attimo…bah non lo so, facciamo che la chiamo più tardi così penso un po’ a cosa dirle…o no aspetta…vediamo se la trovo su facebook in chat!Ah no…in chat no, è TROPPO IMMEDIATO, poi non ho tempo per pensare a cosa scriverle. Ho deciso: le scrivo un messaggio oppure una mail. Più tardi però.”

Sono passati alcuni mesi, ma è come se i miei occhi leggessero sempre quelle parole sulla diapositiva: SII SPONTANEO!
Paradossale come richiesta, certo, ma credo che oggi ci sia bisogno di una vera e propria iniezione di spontaneità.
Ma attenzione.
Esiste la parola “autenticità”.
Qualcuno mi ha insegnato che è l’espressione del vero sè, dell’IO, origine della vita corporea, nei suoi aspetti fisici e psichici, e che accanto al vero sé, c’è anche il falso sé…che ci permette di essere anche un po’ falsi per mantenere un buon rapporto con gli altri.
Il falso sé non ha in questi termini connotazioni negative, ma ci aiuta ad esprimere noi stessi modulando le relazioni in rapporto al contesto e allo stile di personalità degli altri; rappresenta la giusta prudenza che occorre avere nei confronti degli altri.
Dunque qualcuno potrebbe obiettare: non che io non sia spontaneo…sono semplicemente autentico!
Credo che la spontaneità non vada confusa con “il dire la prima cosa che passa per la testa a chiunque e dovunque” e l’autenticità non vada mescolata alla “totale costruzione delle parole per mascherare quello che vogliamo dire o non dire veramente”.
Esiste il giusto mezzo. Sempre.
Dunque…sì, pensare e pensare bene a cosa si dice e a chi si dice, se l’uomo è dotato di intelligenza superiore rispetto agli altri esseri viventi ,ci sarà un motivo…ma senza dimenticarci di non costruire troppo le nostre parole, senza dimenticarci che l’altro è lì ad aspettare quello che noi stiamo architettando di dire o di scrivere, senza dimenticarci che è così bello non misurare con spasmodica maniacalità le parole perché sappiamo che l’altro è lì, ed è lì per noi.
Sarebbe bello se ce ne ricordassimo ogni tanto.
La sottoscritta in primis.
L’uomo è diventato grande, ma ha bisogno di non dimenticarsi che è “fatto di terra”.
Ha bisogno di non dimenticarsi che è stato un bambino.
Ha bisogno di non dimenticarsi, che aver paura della spontaneità, è aver paura di sé stesso.
E se ha paura di sé stesso non è più né uno né centomila…ma diventa nessuno.
Non possiamo aver paura anche di essere spontanei.
Non ce lo possiamo permettere.

P.S.: Allegra per questo post non modera i commenti...SIATE SPONTANEI! (con decenza).



lunedì 24 agosto 2009

Che tu sia per me verità


I libri sono come chiodi piantati nel muro. Restano.
Anche quando provi a rimuoverli…rimane sempre un segno profondo.
Libri che compri.
Libri che leggi una volta.
Libri che leggi e rileggi.
Libri che presti.
Libri che regali.
Libri che ti fai prestare.
Libri di cui ricordi frammenti.
Libri che citi.
Libri che non dimentichi.
Libri che consigli.
Libri che assolvono il tuo passato.
Libri che rispecchiano il tuo presente.
Libri che ritrovi dopo tanti anni.

“ Come vorrei pensare a noi come a due persone che si sono fatte un’iniezione di verità, per dirla, finalmente, la verità.
Sarei felice di poter dire a me stesso:”con lei ho stillato verità”.
Sì, è questo ciò che voglio.
Voglio che tu sia per me il coltello, e anche io lo sarò per te, prometto.
Un coltello affilato, ma misericordioso”.

David Grossman, “Che tu sia per me il coltello” (p.17)

I tuoi occhi accolgono quelle parole.
Lo stesso movimento di una mano che sfiora il segno di un chiodo piantato in un muro.
Anni fa le dita della tua mano non avrebbero percorso tutte le insenature di quel segno.
Ma oggi è diverso, e non è un caso se hai ripreso proprio quel libro in mano.
Il chiodo non c’è più, ma il segno è indelebile, perché trovi il coraggio di scrostare il bianco della pittura che aveva tentato di ricoprirlo.
Qualcuno, più di duemila anni fa, prima di condannare a morte Qualcuno, chiese: che cos’è la verità?
Oggi, uno degli scrittori più in gamba, paragona il dirsi la verità ad un coltello, affilato e misericordioso.
Cosa vuol dire?
Voglio che tu sia per me il coltello.
Voglio che tu sia per me la verità che non ho mai rivelato a nessuno.
Sarebbe bello se tutti costruissimo legami così.
Sarebbe bello poter dire: “con lei ho stillato verità”.
Sarebbe bello poter dire: “sì, è questo ciò che voglio”.
Ma abbiamo paura di noi stessi, abbiamo paura di quello che gli altri possano tirar fuori da noi, abbiamo paura di rivelare noi stessi e quello che gli altri possano pensare, abbiamo paura di costruire legami perché amiamo prevedere come andrà a finire, abbiamo paura di leggere negli altri la paura, abbiamo paura di avere paura.
Anche della verità.
Sarebbe bello poter dire: “anche io lo sarò per te, prometto”.
Ma, a volte, abbiamo paura anche di sentircelo dire.
Perché il coltello fa male.
E abbiamo paura di soffrire.
Voglio che tu sia per me il coltello.
Ogni libro è un dono ed un messaggio.
Il dono è che, se il libro vale, ti induce ad una riflessione.
Il messaggio è che ti accompagna verso le giuste domande.
Voglio: desidero, ne ho bisogno, è necessario, non posso vivere senza.
Che tu sia: nessun altro, ma solo tu, con i tuoi pregi e i tuoi difetti, con quello che hai e quello che ti manca.
Per me: nessun altro, ma solo io, con i miei pregi e i miei difetti, con quello che ho e quello che mi manca.
Il coltello: penetrante da lasciarti senza respiro.
Affilato: tagliente, doloroso.

Ma: non c'è solo dolore...
Misericordioso: che mi dia la salvezza.
Il posto del chiodo è vacante. Ma il segno è visibile anche da lontano.
Il libro si chiude e lo si rimette a posto. Ma le domande restano.
Sarebbe bello se ognuno tenesse a mente queste parole e le ripetesse ad un genitore, ad un figlio, ad un fratello o ad una sorella, ad un marito o ad una moglie, ad un fidanzato o ad una fidanzata, ad un amico o ad un’amica, ad una persona con cui si vorrebbe costruire un legame.
Sarebbe bello se tutto nascesse dalla verità.
Sarebbe bello se ogni legame la sapesse raccontare.
I legami ci tengono in vita, in orizzontale e in verticale.
Sta a noi inventare il modo in cui stringerli.
E’ possibile con un coltello affilato e misericordioso?