Fino ad allora, per ballare, avevo usato le scarpette da mezza punta, quelle morbide e snodabili che quasi non le senti se le indossi.
Quelle scarpette da punta, però, erano diverse: con il gesso, dure e pesanti.
Ma soprattutto forti, perché dovevano sostenere il tuo peso mentre volteggiavi nell'aria.
E le percepivi, soprattutto quando inarcavi il piede per salirci sopra.
Ricordo la mia prima volta: quella sensazione di perdita d'equilibrio, di forza di volontà mista a fatica, di desiderio e di rassegnazione.
Ci salii per un secondo e scesi subito dopo.
Una volta, due volte, tre volte.
Fino a quando non ci rimasi per fare tutto l'esercizio e poi, con il passare degli anni, per eseguire intere coreografie.
Da allora tutto non è diventato più facile: il dolore, il sangue, la fatica, la resistenza erano gli stessi.
Quello che è cambiato è stata la percezione che io avevo di me stessa: potevo farcela.
Ciò che la danza mi ha insegnato è stato soprattutto questo, ed al di là di come, poi, è andata nel tempo, conservo dentro di me questi insegnamenti declinandoli, tutt'oggi, nella vita di ogni giorno, soprattutto nei momenti più difficili.
Penso sempre alla mia prima volta sulle punte e alla mia insegnante che al mio "non ci riesco" contrapponeva il suo "non esiste il non ci riesco".
Viviamo in un tempo che ci condanna, dalle piccole alle grandi cose.
Se sei diverso dagli altri per i motivi più svariati, dal preferire un modo di vivere che si basa sul "fare la differenza" al difendere determinati valori, vieni guardato come un alieno.
Se conservi la speranza nel cuore e provi a portarla nel luogo di lavoro, sei circondato da persone che si svegliano al mattino solo per fissare le lancette dell'orologio in attesa che scatti l'ora di uscire fuori ed essere al centro del mondo.
Se vivi non come vorrebbero gli altri, vieni giudicato perché "quelli della tua età dovrebbero essere così, e tu non sei e non fai così".
E allora ognuno di questi momenti diventa uguale a quel momento della prima volta sulle punte.
La stessa paura di non farcela, lo stesso dolore, la stessa resistenza.
E per fortuna, la stessa voglia di non mollare mai, nonostante il mondo contro.
Ogni giorno ci si rende conto di quanto la vita sia così labile e spesso sfuggente, che diventa troppo pesante sprecarla nel vivere le giornate come vogliono gli altri o come la pensano gli altri.
Sono stanca di vedere gente che si pone al centro del mondo, come una ballerina del carillon pronta a fare il suo balletto per ricevere gli applausi del pubblico, di gente che non va oltre il suo naso, che si chiude nel proprio egoismo e nei propri pensieri, che ride di te se non condividi il "pensiero della moda del momento" e che ha sempre la risposta pronta e preconfezionata per ogni cosa.
Io non ce l'ho tutte queste risposte, perché non smetto di cercarle e di cercarne altre.
E forse perchè penso che di vita qui, su questa terra, ne ho solo una.
E non ho voglia di sprecarla nel fare quello che fanno gli altri, nel pensare quello che pensano gli altri, nel vivere come vivono gli altri.
Sono fortunata, perché ogni giorno Qualcuno mi dona la conferma del che cosa ci sto a fare in questo mondo.
E ho deciso di percorrere questa strada, costi quel che costi, con tutte le mie forze.
Come la mia prima volta sulle punte.
"Due strade trovai nel bosco, io scelsi la meno battuta, per questo sono diverso" - Peter Weir