Ci sono giorni in cui, più di tutti gli altri, qualcosa che vedi, senti, ascolti...è destinata ad entrarti dentro e a smuovere qualche riflessione.
Utile o inutile, sta alla vita deciderlo.
L'attesa di un autobus può diventare snervante quando hai un appuntamento importante e quella sagoma arancione non arriva.
Oppure, può darti la possibilità di osservare e capire cose che la sera prima stavi per dimenticare.
Ho la "fortuna" di avere la fermata dell'autobus vicino ad una scuola materna (oggi si dice scuola dell'infanzia...ma va bene lo stesso).
Ogni volta che sono lì ad aspettare, mi accorgo che non è solo la sagoma arancione che attendo, ma qualcos'altro.
I passi svelti o lenti a seconda dei capricci , gli zaini forse troppo grandi, le smorfie, i pianti, gli abbracci alla mamma, le linguacce, le corsette.
I sorrisi veri.
Tutto questo sono i bambini.
E li osservi. E sei felice.
Poi, quando tutti sono entrati e l'autobus è arrivato, vai al tuo appuntamento, che ha a che fare sempre con loro.
Poi torni a casa e fai qualcosa per loro.
Poi scrivi e pensi a loro.
E sei felice.
Felice di aver scelto di dedicare gran parte della tua vita a loro, perchè è così che il mondo gira di più.
Felice di credere che un giorno, se Qualcuno vorrà, un bambino nascerà da te e varrà più della tua stessa vita.
E sarai felice.
Felice perchè la felicità fa ciak con la verità, e la verità è solo negli occhi di un bambino.
E in quelli di chi è come un bambino.
Spesso mi capita di assistere a conversazioni strane che lasciano l'amaro nel cuore.
E ancora più spesso, mi capita di convincermi che non c'è niente di più doloroso di chi si mostra "piccolo" e in realtà, è un gigante di falsità.
L'uomo non è Dio.
L'uomo non può essere tanto grande da abbracciare il mondo, perchè se lo fa, prima o poi, qualche piccolo pezzo cade e si frantuma.
Per questo siamo in tanti e Dio è unico.
Dio può amare tutti. E riesce a farlo da solo.
L'uomo no. Ha bisogno degli altri per amare tutti, perchè se si ostina a farlo da solo, quel piccolo pezzo cade.
E se lo lascia andare per continuare ad abbracciare il mondo che gli resta, ha perso.
Perchè chi si ostina ad essere grande dimenticandosi di essere piccolo e dimenticandosi dei piccoli...ha perso.
Tutto il mondo potrà anche far finta di reggere, ma quel piccolo pezzo è caduto.
"Credi come sanno credere i bambini.
Ama come sanno amare i bambini.
Prega come sanno pregare i bambini.
Lasciati andare, come sanno lasciarsi andare i bambini"
S. Josè M. Escrivà
L'autobus è arrivato, sei in ritardo. Ma non importa.
Perchè sei felice.
Perchè se anche non riesci ad abbracciare il mondo, ogni giorno abbracci i tuoi piccoli, in qualsiasi modo.
Ed questo quello che ti rende felice.
Il resto, passa e passerà.
E chi decide di non avere una famiglia, di non veder crescere un bambino, di non sentirlo ridere, di non coccolarlo quando piange, di non accarezzarlo e osservarlo sbagliare e correggersi...non sa cosa si perde.
Si perde la possibilità che ogni uomo ha di ricordarsi il valore di essere piccoli.
Non ostinandosi ad abbracciare il mondo, ma cercando in tutti i modi di non lasciar frantumare quel piccolo pezzo.
"Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera, se prima non sente dal labbro nostro la voce; poi pieno di gioia riparte conoscendo più cose." (Odissea, libro XII, vv.186-188)
mercoledì 13 gennaio 2010
martedì 12 gennaio 2010
Com'è difficile essere uomini!
E’ impossibile non comunicare.
Non lo dico io, ma il primo assioma della pragmatica della comunicazione.
Anche quando ci rifiutiamo di farlo, comunichiamo lo stesso.
E’ ovvio.
Se io parlo, sto comunicando che voglio parlare o che il mio interlocutore finisca di farlo.
Se io sto zitta, sto comunicando che davvero non se ne può più di parlare.
Se io chiudo gli occhi mentre la persona che ho davanti parla, parla, parla e ancora parla dicendo per la cinquantesima volta la stessa cosa, sto comunicando che tutti i miei sensi sono stanchi di ascoltare.
Se io mi arrabbio, sto comunicando che sono davvero stufa.
Dunque, è proprio pragmatica. Sto dicendo esattamente quello che voglio dire.
Però, succede spesso, che il vocabolario diventa il nostro migliore amico, perché quando vogliamo dire qualcosa a qualcuno, ci nascondiamo dietro perifrasi arzigogolate, lunghe, confuse, piene di metafore e parole eccentriche, per fare una semplicissima domanda o per esprimere un semplicissimo stato d’animo.
E’ proprio quello che vogliamo esprimere, ma lo celiamo.
E’ proprio quello che vorremmo chiedere, ma ci aspettiamo, SEMPRE, che l’altra persona riesca a capire al volo le nostre perifrasi arzigogolate, che riesca a rispondere esattamente come noi vorremmo, e non pensi che magari “abbiamo voluto dire un’altra cosa”.
E se non lo fa, ci arrabbiamo di brutto, uscendocene con la frase slogan: ma tanto non capisci.
( e ci credo!).
Per non parlare poi di tutte le seghe mentali che trafiggono il nostro cervello quando ci mettiamo ad analizzare ogni singola parola di quello che gli altri o l’altro ci dicono o ci scrivono.
Se la linea di realtà divide i fatti dalle illusioni, è chiaro che il più delle volte ci creiamo l’illusione che quella persona con quelle parole abbia voluto dire quello che noi ci illudiamo vorremmo sentirci dire. Sbagliando.
Se A dice “a presto”, B può pensare: “mi ha detto ‘a presto’ , quindi vuol dire che mi vuole rivedere …che bello!”…mentre magari A ha detto “a presto”, perché semplicemente è un modo di dire per salutare una persona che si conosce.
Oppure, se A dice: “ho voglia di una pizza”….B pensa: “forse vorrebbe che la invitassi a cena fuori”…mentre A semplicemente, ha espresso un suo fisiologico desiderio di riempire lo stomaco.
Il significato di questo post è uno: non esiste comunicazione senza che ci sia una relazione, e non esiste relazione senza che ci sia una comunicazione.
Se io sto comunicando, sia che io stia parlando, sia che io stia scrivendo, sono in relazione con qualcuno.
Se io sono in relazione con qualcuno, sto per forza comunicando qualcosa, anche e solo con il mio modo di pormi.
E allora la domanda è: perché se stiamo dalla parte di A, ci ostiniamo, spesso, a mascherare quello che vorremmo dire con parole astruse e a volte senza senso per non arrivare dritti al nocciolo, pretendendo che dall'altra parte ci sia qualcuno in grado di capire i nostri vorticosi labirinti mentali, e perché, invece, se stiamo dalla parte di B, ci ostiniamo a vedere sempre qualcosa dietro una semplice e banale frase o parola detta da una persona, quando invece abbiamo di fronte la realtà nuda e cruda?
Riflettete, riflettete...e fateVi un favore: per una volta, dite davvero ciò che volete dire.
Ditelo guardando l'altra persona negli occhi o scrivetelo... come volete, con un foglio e una penna, con una mail, con un sms, su una foglia, da qualsiasi parte.
Ma esprimete ciò che davvero pensate...non fa mica male!
Non lo dico io, ma il primo assioma della pragmatica della comunicazione.
Anche quando ci rifiutiamo di farlo, comunichiamo lo stesso.
E’ ovvio.
Se io parlo, sto comunicando che voglio parlare o che il mio interlocutore finisca di farlo.
Se io sto zitta, sto comunicando che davvero non se ne può più di parlare.
Se io chiudo gli occhi mentre la persona che ho davanti parla, parla, parla e ancora parla dicendo per la cinquantesima volta la stessa cosa, sto comunicando che tutti i miei sensi sono stanchi di ascoltare.
Se io mi arrabbio, sto comunicando che sono davvero stufa.
Dunque, è proprio pragmatica. Sto dicendo esattamente quello che voglio dire.
Però, succede spesso, che il vocabolario diventa il nostro migliore amico, perché quando vogliamo dire qualcosa a qualcuno, ci nascondiamo dietro perifrasi arzigogolate, lunghe, confuse, piene di metafore e parole eccentriche, per fare una semplicissima domanda o per esprimere un semplicissimo stato d’animo.
E’ proprio quello che vogliamo esprimere, ma lo celiamo.
E’ proprio quello che vorremmo chiedere, ma ci aspettiamo, SEMPRE, che l’altra persona riesca a capire al volo le nostre perifrasi arzigogolate, che riesca a rispondere esattamente come noi vorremmo, e non pensi che magari “abbiamo voluto dire un’altra cosa”.
E se non lo fa, ci arrabbiamo di brutto, uscendocene con la frase slogan: ma tanto non capisci.
( e ci credo!).
Per non parlare poi di tutte le seghe mentali che trafiggono il nostro cervello quando ci mettiamo ad analizzare ogni singola parola di quello che gli altri o l’altro ci dicono o ci scrivono.
Se la linea di realtà divide i fatti dalle illusioni, è chiaro che il più delle volte ci creiamo l’illusione che quella persona con quelle parole abbia voluto dire quello che noi ci illudiamo vorremmo sentirci dire. Sbagliando.
Se A dice “a presto”, B può pensare: “mi ha detto ‘a presto’ , quindi vuol dire che mi vuole rivedere …che bello!”…mentre magari A ha detto “a presto”, perché semplicemente è un modo di dire per salutare una persona che si conosce.
Oppure, se A dice: “ho voglia di una pizza”….B pensa: “forse vorrebbe che la invitassi a cena fuori”…mentre A semplicemente, ha espresso un suo fisiologico desiderio di riempire lo stomaco.
Il significato di questo post è uno: non esiste comunicazione senza che ci sia una relazione, e non esiste relazione senza che ci sia una comunicazione.
Se io sto comunicando, sia che io stia parlando, sia che io stia scrivendo, sono in relazione con qualcuno.
Se io sono in relazione con qualcuno, sto per forza comunicando qualcosa, anche e solo con il mio modo di pormi.
E allora la domanda è: perché se stiamo dalla parte di A, ci ostiniamo, spesso, a mascherare quello che vorremmo dire con parole astruse e a volte senza senso per non arrivare dritti al nocciolo, pretendendo che dall'altra parte ci sia qualcuno in grado di capire i nostri vorticosi labirinti mentali, e perché, invece, se stiamo dalla parte di B, ci ostiniamo a vedere sempre qualcosa dietro una semplice e banale frase o parola detta da una persona, quando invece abbiamo di fronte la realtà nuda e cruda?
Riflettete, riflettete...e fateVi un favore: per una volta, dite davvero ciò che volete dire.
Ditelo guardando l'altra persona negli occhi o scrivetelo... come volete, con un foglio e una penna, con una mail, con un sms, su una foglia, da qualsiasi parte.
Ma esprimete ciò che davvero pensate...non fa mica male!
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