lunedì 14 marzo 2011

Un anno da tirocinante: appunti di viaggio



"...in nome del potere che il rettore mi ha conferito la dichiaro dottoressa in Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione."
Era una giornata di sole di un novembre oscuro di circa un anno e mezzo fa.
E' cominciato tutto da lì, da quello che sembrava essere solo e soltanto un punto di arrivo, quando, con la maturità in tasca (e in testa), a diciannove anni arrivai in questa città nuova e sconosciuta, e nelle orecchie mi risuonava una canzone che diceva tutto di quella che ero: "nato ai bordi di periferia dove i tram non vanno avanti mai, dove l'aria è popolare, è più facile sperare che guardare in faccia la realtà."
E invece, poi, in quella realtà ci ho sprofondato lo sguardo, perché volevo averla tutta, pezzo dopo pezzo.
Solo così potevo arrivare a quel "...la dichiaro dottoressa in Psicologia" che intonava in una sola voce non solo la mia vittoria, ma quella dei miei genitori e dei loro sacrifici e quella dei miei amici e dei loro entusiasmi.
E da quel giorno tutto cominciò.
Ciò che dai libri avevo imparato, dovevo saperlo dimostrare e spenderlo nei posti che mi erano stati assegnati e che io avevo scelto.
Trecentosessantacinque giorni non sono pochi da passare e tutto quello che è rimasto, in ogni sera, è custodito in quel meccanismo favoloso che tutti chiamano memoria, e che continuerà, in ogni mio giorno, a bussare alla mia vita ricordandomi quella che sono stata.
La mia prima volta in camice bianco, in una clinica psichiatrica.
Il mio primo sguardo ai pazienti e la paura di non riuscire a reggerlo.
Nelle tasche il biglietto con una frase di un amico "la paura è il latrato del demonio, Fin è pace", che ho stretto tra le dita tutte le volte in cui ne ho avuto bisogno: durante il primo colloquio con la mia prima paziente, il mio primo test somministrato, le mie prime risposte al primario, la stesura delle mie prima dimissioni sul diario clinico.
Ma in quel posto mi sono sentita subito a casa, anche quando vivevo la disperazione negli occhi dei pazienti, portandomela dentro come se fosse mia.
Nei miei ricordi di quegli indelebili sei mesi vive l'amicizia delle mie colleghe, di cui una è diventata una splendida mamma e un'altra sta costruendo un futuro fatto su misura per lei, la simpatia e la professionalità di tutti gli altri che non smetterò mai di ringraziare, i miei errori nel voler riempire i silenzi e l'aver imparato a contenerli, la sveglia alle 6:00 tutte le mattine, i tre autobus per arrivare a destinazione tra ritardi e coincidenze, il mio primo agosto a Firenze, il "suo" sorriso, le "sue" dormite, la "sua" rassegnazione, la "sua" eccentricità, il "suo" grazie dottoressa, il "suo" desiderio di parlare, la "sua" voglia di rimanere, la "sua" mano stretta alla mia, la "sua" morte, le mie lacrime nel lasciare tutto con una fetta di torta in sala medici e un abbraccio diviso per tre al sapore di una pizza stemperata di promesse.
Ecco perché lì mi sono sentita subito a casa: perché casa vuol dire tutto, anche nelle sue mancanze.
E lì ho trovato tutto, tutto quello che mi è servito per crescere.
Ma sul regolamento c'era scritto "un anno post-lauream".
E mancavano ancora altri sei mesi.
In un altro posto. Con altri colleghi e superiori. Dentro altre vite.
Un viaggio tortuoso, in cui la voglia di rinunciare è stata quasi sempre la regina alla quale volevo sottomettermi.
Ma la mia vita mi ha insegnato a non mollare e quel biglietto sporco di inchiostro, dalle tasche del camice passò ad annusare cataste di fascicoli di bambini e ragazzi che faticano a trovare il proprio posto nel mondo.
Il mio ricordo di questi ultimi sei mesi comincia nel bel mezzo di un'istruttoria con la voce del mio superiore che alla mamma che ci stava di fronte disse "ora la mia collega le farà qualche domanda" in cui compresi, dopo essermi voltata da ogni parte ed essermi accorta che non c'era nessuno, di essere proprio io "la collega che doveva fare qualche domanda."
Da quel giorno in poi ho respirato l'odore dell'errore e a volte dell'umiliazione, in cui ho capito che "nella vita nessuno mai ti da di più."
Sentirsi sbagliata ogni giorno t'insegna ad accettarti, anche se gli altri non lo fanno.
Neanche da lì sono uscita così come sono entrata, ma non ho versato neanche una lacrima, anche se i ricordi ci sono.
E restano.
Come quel caffè che non volevo prendere, quegli sguardi mai compresi, quel sorriso che non volevo fare, quelle sbarre del carcere e il tintinnio delle chiavi, quei fascicoli polverosi, quell'arroganza in giacca e camicia, quella promessa e quella matrioska russa.
Un anno fa esatto, diventavo una tirocinante psicologa.
Oggi ho smesso di esserlo, preparandomi a diventare una psicologa e basta.
E allora grazie...
Al camice bianco, ai miei colleghi e a tutti i miei pazienti, alla sveglia alle 6:00, al traffico, al caldo d'agosto, ai silenzi che ho imparato a contenere, alla paura, alla stanchezza, alle umiliazioni, al caffè che non volevo prendere, al sorriso che non volevo fare, alla matrioska russa e alla vita disumana che ho fatto in questi ultimi due mesi.
Ma soprattutto, ai sentimenti e alle emozioni, senza i quali nessuno potrebbe fare questo lavoro.
E qualcuno che ho conosciuto, forse, l'ha dimenticato.





"Di fronte alla sofferenza del mondo puoi fare un passo indietro, hai il permesso di farlo e si accorda con la tua natura. Ma forse proprio questo passo indietro era l'unica sofferenza che avresti potuto evitare"

Franz Kafka





Oggi è un nuovo inizio.
Non so cosa ci sarà domani, né dove sarò.
Ma so che è questa la storia che voglio raccontare, senza fare un passo indietro.
L'ho sempre saputo.
Grazie a chi lo sa già.

14 commenti:

Giulio ha detto...

Meraviglioso post come sempre.
In bocca al lupo dolcissima Allegra...tanta e tanta fortuna per te!

Annalisa ha detto...

Bellissima la frase di Kafka!
In bocca al lupo Allegra, riposati magari un pochetto!

SerenoPocoNuvoloso ha detto...

Tanta fortuna per te dolcissima....

Begin again...credo sia un monito per non smettere mai di andare avanti.

Lorenza ha detto...

I sentimenti e le emozioni...guai se non ci fossero...

Federico ha detto...

"Ma so che è questa la storia che voglio raccontare, senza fare un passo indietro."

E' il miglior augurio che tutti possiamo fare a tutti...in bocca al lupo Allegra!

Anonimo ha detto...

Bellissima l'immagine!!!!

Rosa ha detto...

Sarai dove Qualcuno ha preparato un posto fatto apposta per te...in bocca al lupo...

Riccardo ha detto...

Ogni fine porta con sè un nuovo inizio e viceversa...ti auguro tutto il bene! FORZA!

Pepe ha detto...

Congratulazioni!!! Che bello arrivare in fondo, soprattutto se è costato tanto! Ora festeggia, festeggia e festeggia!
E non ti fare vincere dalla paura di essere sbagliata! Siamo un po' tutti bambini piccoli che giocano a fare i seri, e quanto è pesante quel camice, quel ruolo da indossare!
Ricordo che un ragazzo del paese voleva farsi prete, ma, a un passo dal prendere i voti, è andato in crisi, non essendo sicuro di essere all'altezza. Ed il mio parroco, che è bravissimo, gli ha risposto che era proprio quel dubbio che avrebbe fatto di lui un bravo prete! Sono più pericolosi gli uomini che non hanno incertezze, sia lode al dubbio. Purchè... non blocchi del tutto!

Allegro ha detto...

"Ecco perché lì mi sono sentita subito a casa: perché casa vuol dire tutto, anche nelle sue mancanze.
E lì ho trovato tutto, tutto quello che mi è servito per crescere."

WONDERFUL!

Chiara ha detto...

Che i tuoi post mi piacciono, lo sapevi già. E' inutile dirlo ancora, sarei ripetitiva.

Questo però supera tutti gli altri. Esce fuori proprio tutto il tuo cuore.

In bocca al lupo per tutto, carissima Allegra.

Veggie ha detto...

Ogni fine è in realtà un nuovo inizio...
E questo è il tuo nuovo inizio, Allegra...
Adesso devi sono pensare a questo: che non devi curare le persone... devi prenderti cura delle persone...
In bocca al lupo!...

Anonimo ha detto...

Ma dai! Tu che sai tutto non sai cosa ci sarà domani per te?
Mi aspettavo che tu prevedessi anche il futuro visto che sai fare tutto.

Cavaliere Oscuro ha detto...

bellissimo allegra!